Il sigillo dell'ottimismo di Dio
L'inizio e la
fine della vita terrena di Maria, pur non avendo nessun riscontro nei vangeli,
corrispondono al compimento del progetto che Dio ha sull'umanità.
Creati a
immagine e somiglianza di Dio (Gen 2,26), e chiamati a diventare suoi figli (Gv
1,12), gli uomini realizzano questa somiglianza nella vita terrena mediante la
pratica di un amore che somigli a quello del Padre (Lc 6,35), e proseguono
presso il Signore la loro esistenza oltrepassando la soglia della morte (Gv
11,25-26).
Per “Immacolata”
la Chiesa
intende che quel groviglio di colpe che impedisce la piena comunicazione di
vita tra Dio e l'umanità non pesa su Maria. Questa condizione non è statica,
data una volta per sempre, bensì dinamica: la creatura è invitata a collaborare
attivamente al dono del Creatore, sintonizzando il suo amore sulla stessa
lunghezza d'onda di quello di Dio, “che ci ha scelti prima della creazione del
mondo per essere santi ed immacolati per mezzo della carità” (Ef 1,4).
Maria viene
presentata dagli evangelisti come il segno tangibile di quel che Dio può realizzare
con ogni creatura che non metta ostacoli alla potenza del suo amore e si lasci
colmare dal suo Spirito. L’Immacolata è il sigillo dell'ottimismo di Dio
sull'umanità, il segno di quanto stimi l'uomo, di come abbia bisogno di ogni
persona per portare a compimento la sua creazione ed essere Padre per tutti gli
uomini (2 Cor 6,18).
Due annunciazioni
L’abisso che
separava gli uomini da Dio è stato colmato con l’Immacolata: la creatura
può essere intimamente unita al suo Creatore. Questa piena comunione, possibile
a tutti gli uomini (Ef 1,4), è frutto di un processo di crescita nella fede che
è stato vissuto anche da Maria. L'itinerario di fede di Maria si può
racchiudere nell'arco di due grandi cicli: le annunciazioni. Ogni annunciazione
è una chiamata da parte di Dio alla pienezza di vita, e nell’esistenza di
Maria s’incontrano due importanti chiamate: nella prima il Dio di Israele si
rivolge alla ragazza di Nazaret, nella seconda Gesù, il “Dio con noi” (Mt
1,23), interpella sua madre. La prima annunciazione culminerà nella nascita
dell'Uomo-Dio, la seconda in quella della discepola perfetta.
Nella prima
annunciazione, Dio, rimasto inascoltato dal sacerdote nel Tempio (Lc 1,20), si
rivolge “a quel che il mondo disprezza” (1 Cor 1,28), ad una donna sposata
nella malfamata Nazaret (Gv 1,46), e le chiede di diventare la madre di suo
Figlio (Lc 1,26-38).
Pienamente
fiduciosa nel suo Dio, Maria accetta: la proposta che il messaggero divino le
ha fatto è la formulazione di profonde esigenze di vita che aveva dentro di sé
e che ora può liberare e far crescere.
La seconda
chiamata avviene in un clima altamente drammatico: tutto il clan familiare ha
deciso di catturare Gesù ritenuto ormai demente (Mc 3,21-35). Il Galileo,
presentatosi come l'inviato del Signore (Lc 4,18-21), si è comportato infatti
come un nemico di Dio, trasgredendo i precetti e comandamenti più sacri (Mc
3,5.22; 7,15-23), e mentre le autorità religiose lo bollano come bestemmiatore
eretico ed indemoniato (Mt 9,3), per la gente è solo un pazzo a cui lanciare
pietre (Gv 8,59).
La richiesta dei
famigliari di Gesù “Tua madre e i tuoi fratelli ti vogliono”, è interrotta
dalla fredda risposta del Cristo: “Chi è mia madre?...”
Per Gesù suoi
intimi sono solo quelli che lo seguono e come lui vivono la volontà del Padre
traducendola in un amore incondizionato che si rivolge a tutti, prescindendo da
categorie religiose, morali e sessuali (Lc 10,29-37).
Maria deve
scegliere: o resta con il clan famigliare, che ritiene Gesù un matto, e salva
così la sua reputazione, o segue il figlio, conosciuto per essere “un mangione
e un beone, amico di pubblicani e peccatori” (Mt 11,19).
A Nazaret la Vergine s'era fidata
dell'invito rivoltole dal suo Signore e da questo suo assenso era nato il
Messia di Dio. In questa seconda annunciazione, più sofferta e matura, Maria
risponde ancora con un sì all'invito alla pienezza di vita che le viene
dall'Uomo-Dio e che la condurrà a una nuova nascita: la sua.
Ora sarà la
madre che rinascerà dal figlio: nuova nascita che avverrà “dall'alto” (Gv 3,3),
da colui che, innalzato in croce, trasformerà la madre nella fedele discepola (
Gv 19,25-27).
Coronamento
della prima annunciazione era stata la beatitudine con la quale si aprono i
vangeli: “Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore”
(Lc 1,45); la seconda annunciazione troverà la sua formulazione nella
beatitudine con la quale i vangeli si chiudono: “Beati quelli che pur non
avendo visto crederanno” (Gv 20,29).
La nascita della Donna
Mentre l'annunciazione
di Nazaret culmina a Betlemme, dove lo sfolgorio di luce della gloria del
Signore avvolge la nascita del Figlio, e pastori e magi sono in adorazione (Lc
2,1-21; Mt 2,1-12), l'altra sfocerà nelle tenebre di Gerusalemme (Mc 15,33),
dove bestemmie e sberleffi accompagnano la morte del Cristo e la nascita della
Donna (Mc 15,29-32; Gv 19,27).
Presso la croce
l’evangelista non presenta una madre schiacciata dal dolore, che comunque sta
vicina al figlio anche se questo è un criminale, ma la coraggiosa discepola che
ha scelto di seguire il maestro a rischio della propria vita, mentre gli
apostoli, che avevano giurato di esser pronti a morire per lui (Mc 14,29-31),
sono vigliaccamente fuggiti (Mt 26,56).
Sul Gòlgota, più
che una madre che soffre per il figlio, Giovanni mostra infatti la
discepola che soffre con il suo Maestro, la Donna che condivide la pena
dell' “Uomo dei dolori” (Is 53,3; Rm 8,17). Maria ha preso la sua croce, e si è
posta a fianco del giustiziato contro chi lo ha crocifisso, schierandosi per
sempre a favore degli oppressi e dei disprezzati.
Non è stato
facile per Maria.
Per schierarsi
col crocifisso si è messa contro la propria famiglia e ha dovuto rompere con la
religione che nella persona del suo rappresentante più alto, il Sommo sacerdote,
aveva scomunicato Gesù (Mt 26,65; Mc 3,22). Infine, scegliendo il condannato,
ha osato pure mettersi contro il potere civile che giustiziava quel Galileo
come pericoloso rivoluzionario (Mt 27,38). Maria presso il patibolo aderisce
attivamente a Colui che “rovescia i potenti dai troni” (Lc 1,52): sta dalla
parte delle vittime di questi potenti e fa sua la croce, cioè accetta, come
Gesù, di essere considerata un rifiuto della società pur di non venire meno
all'impegno di essere presenza dell'amore di Dio in mezzo al mondo (Mc 8,34).
La fantasia di Dio
Il ciclo aperto
con l'annuncio di Nazaret si chiude con l'immagine della santa famiglia unita
in crescita d'amore e con Maria che “serba tutte queste cose nel suo cuore” (Lc
2,51-52). L'altra annunciazione ha il suo coronamento ideale nella nuova
famiglia di Maria, la comunità di Gerusalemme, dove rivive, assieme a tutti i
credenti, l'esperienza iniziata a Nazaret: il Dio inascoltato nel Santuario
continua a effondere la sua vita, lo Spirito, agli emarginati dal Tempio, alla
comunità di eretici Galilei (At 1,14; 2,1ss).
Infine Maria
“assunta” in cielo è la firma di Dio sul progetto “uomo”, un uomo che si lasci
coinvolgere dall'azione vivificante dello Spirito santo. Tale glorificazione è
il destino di quanti Cristo ha fatto fratelli perché, come scrive Paolo, quanti
seguono il Signore “siedono nei cieli, in Cristo Gesù” (Ef 2,6), sono come lui
vincitori della morte e continuano a vivere per sempre (Gv 11,25).
Per Maria
l'assunzione è la normale conclusione di un'esistenza straordinaria: fin da
Nazaret si è diretta sempre verso scelte di vita, si è fidata della fantasia di
quel Dio che trasforma tutte le cose in bene (Rm 8,28), e fa sì che quelle che
sembrano pietre, siano invece pane (Mt 7,9); un Dio che sceglie quel che nel
mondo è disprezzato per farne oggetto del suo amore (1 Cor 1,27-30;) e fa sì
che un'anonima ragazza di uno sperduto villaggio venga “proclamata beata da
tutte le generazioni” (Lc 1,48).
(P. Alberto
Maggi OSM: APPUNTI )
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